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domenica 13 settembre 2015

Corsa Naturale? Naturalmente, Correre!!!!




CORSA NATURALE? NATURALMENTE, CORRERE!!!!



La diffusione capillare dei mezzi d’informazione di massa e la conseguente facilità di reperimento di dati di ogni tipo (se attendibili o meno in questo momento non ci interessa, concentriamoci sulla quantità), la smania di condivisione dei suddetti e l’immediatezza nel poterlo fare, rende pubblico in un battere di ciglia qualsiasi fenomeno che avvolge la nostra vita e, altrettanto velocemente, lo trasforma in moda o presunta tale.

Ormai  sono quasi vent’anni che mi occupo di movimento, un’esperienza tendenzialmente costruita sui libri e trasferita sulla pratica in un palleggio, in un intreccio, in una danza che, nonostante l’età, continua tutt’ora; mi confronto spesso con la rete, con il web, utilizzo, rispetto, provo, ragionando, a dare di volta in volta il giusto peso. E’ una sorta di ricerca, non di verità o certezze, bensì di dubbi. Adoro avere dei dubbi, mettermi in discussione per poter tentare di fugarli, in una lotta persa in partenza che, inevitabilmente, non porta ad altro che alla creazione di nuove domande, di nuove “indagini”. Un viaggio continuo; mi piace molto viaggiare. Proverò a raccontare questo viaggio. Vi va? Se la risposta è affermativa accomodatevi e proseguite nella lettura, altrimenti … beh, è facile, inutile che ve lo dica!

Ho sempre amato correre. Anche da bambino. E’ sempre stata una disciplina sportiva che trovavo “naturale” praticare; mi è sempre sembrato assurdo non farlo. Devo confessare che negli ultimi anni, quando la pratica del podismo (credo che la parola podismo sia ormai quasi scomparsa dal vocabolario, ormai si dice “Running”, fa figo …) è diventata tendenza, la cosa mi ha infastidito un po’, mi sembrava un’invasione alla mia privacy, una compagnia non richiesta e una confusione che non avevo cercato. Ma in particolare, mi ha un po’ destabilizzato la mole “violenta” di informazioni che ha invaso il web, le riviste specializzate e le librerie. Un’accozzaglia di consigli più o meno attendibili, più o meno confermati autorevolmente, più o meno sponsorizzati sono andati a complicare a dismisura uno dei gesti più innati che possediamo. Una cascata. Come tutte le mode ha portato alla nascita di tante “sottomode”, di tanti piccoli universi del correre che non hanno fatto altro se non intorbidire ancor di più le acque. Tante correnti di pensiero creano tanti pensatori, non è mai (o quasi mai) viceversa; ed ogni pensatore, ovviamente, dice la sua. Così nascono quelli della scarpa protettiva e quelli scalzi, quelli della corsa a digiuno e quelli a stomaco pieno, quelli solo nei boschi e quelli solo in pista, quelli del gps e quelli del cardiofrequenzimetro, quelli dei ritmi/km e quelli dei km/h, quelli dei test e quelli dell’istinto, quelli solo gare e quelli mai gare, quelli delle ultra distanze e quelli delle distanze brevi e così via, con tutte le contaminazioni del caso, con tutti i “girabandiere” del caso, con tutte le improvvisazione del caso. Anche io faccio parte del gioco, ovviamente. Ma cerco di giocare con le mie regole.


Ho sempre amato la storia. Devo dire che c’è stato anche un periodo della mia vita dove la tentazione di iscrivermi alla facoltà universitaria di “Storia e filosofia” è stata forte; adoravo (e ancora mi affascina) il medioevo, ma la goduria maggiore me l’ha sempre donata “l’uomo primitivo”, brutta definizione perché lascia pensare, oltre che ad un uomo delle origini, ad un uomo “inferiore”, ed è tutt’altro che così; il merito di questo interesse lo voglio attribuire al cartone animato “Ryu il ragazzo delle caverne” che, pur facendo un po’ di confusione con le  tempistiche geologiche, ritraeva un’affascinante vita paleolitica, perlomeno, affascinante ai miei occhi di bimbo curioso. La vita, le scelte, il destino, l’energia, quello che volete insomma, ha deciso che non andasse così, la storia è rimasto un mio interesse, più o meno presente in base ai periodi e al tempo a disposizione fino a che il “richiamo” non è ricomparso prepotente. Quando studiare l’alimentazione dell’uomo, altre mia grande passione, ha preso la strada dell’approfondimento di un tipo di nutrizione “paleolitica” (dieta paleo e similari), mi è sembrato che capitasse proprio a fagiolo (ovviamente si dovrebbe ridere, perché i legumi nel paleolitico non esistevano … vabbè, l’ho capita solo io), che fosse “naturale” ritornare a riconsiderare i miei amici “primitivi”, tanto che il loro modo di mangiare è andato ad occupare una parte sempre più parcellare dei miei studi, mentre in maniera preponderante mi sono concentrato sul loro “vivere”, inteso proprio come “riempire la giornata”, sul loro muoversi, sui loro pensieri e paure, quindi sul nostro vivere, sul nostro muoverci e sui nostri pensieri e paure. Ne nasce un parallelo fantastico, un andare a braccetto su chi eravamo, su chi potevamo diventare e su cosa siamo diventati. Uno sballo.


Proviamo ad unire i puntini. A guisa di anello mancante (anche questa dovrebbe essere una battuta … sapete, evoluzione, l’anello mancante tra uomo e scimmia, bigfoot, yeti … ridete almeno su richiesta) tra l’amore per la corsa e quello per l’evoluzione dell’uomo ci pensa uno studio di grande portata comparso su “Nature”, prestigiosa rivista scientifica, nel 2004: “Endurance Running and Evolution of Homo”. Giuro non ne parlo, però capite bene come la cosa mi abbia sconvolto. Il bipedismo, la camminata e particolarmente la corsa prolungata sono stati motore della nostra evoluzione. Non voglio scendere in particolari, servirebbe troppo tempo, troppe informazioni, diventerebbe veramente troppo eccitante, ma per me è stata una folgorazione. Due delle mie passioni sono legate in maniera preponderante.

Arriviamo, quindi, alla terza.


Ho sempre amato lo studio del corpo umano. Da quando mi sono affacciato a questa professione mi è venuto “naturale” (compare spesso questa parola, vero?) approfondire le tematiche del funzionamento del nostro organismo anche al di là di quello richiesto dal percorso di studi. Di volta in volta esploravo vari settori, quello muscolare e quello articolare soprattutto all’inizio, sistema nervoso e visceri  con più interesse adesso, senza mai dimenticare l’aspetto emotivo e psichico e la loro influenza sui vari apparati e sistemi. In questo momento sono due gli argomenti che, seppur diversi (ma forse poi non tanto come si potrebbe pensare) mi stanno intrigando parecchio: l’intestino e il suo sistema nervoso e il piede. Quest’ultimo in particolare, tanto da voler provare quest’anno in palestra un’attività di “rieducazione sensoriale” proprio del piede (BeNatural!! , un po’ di pubblicità gratuita non si rifiuta mai). Adoro come il piede sia stato plasmato dal tempo, così efficace, così particolare, così complesso, ma dal funzionamento assolutamente intuitivo, mi perdo nella sua analisi biomeccanica e nella sua visione tensegrile; non mi soffermo, magari ne parleremo in altre occasioni, ma garantisco che vale la pena approfondire il concetto di “Tensegrità”.


Adesso il ragionamento fila. Corsa, Evoluzione dell’uomo, Piede. Strano e terribilmente coinvolgente come la vita mi abbia regalato degli interessi così complicatamente correlati, così semplicemente intrecciati. Quindi l’avvicinamento alla corsa “naturale” (ancora questa parola!!!), alla corsa minimale (con calzature minimali), ma in fondo anche all’utilizzo nella quotidianità e nell’approccio anche ad altri sport di questa particolare consapevolezza, è stata semplicemente una conseguenza del mio essere. L’ho praticamente plasmata nel tempo. Me ne sento parte. La sento mia.


E allora veniamo alla corsa naturale. Cos’è? Beh, io posso dirvi cos’è per me, anzi, parto col dirvi cosa non è per me. Non è un prodotto da vendere, non è una calzatura da vendere, non è un pacchetto di lezioni da vendere, non è nemmeno uno stile di corsa, non è un modo di tenere le ginocchia o flettere le gambe. La corsa naturale è semplicemente l’obbedire alle leggi che regolano il “comportamento” del corpo: equilibrio, economia e confort (assenza di dolore): nello schema fisiologico l’equilibrio è di primaria importanza in ogni sua dimensione: parietale, viscerale, emodinamica, ormonale, neurologica e le soluzioni adottate sono economiche. Poiché lo schema di funzionamento è fisiologico, è certamente confortevole. Nello schema disfunzionale (in cerca di adattamento), l’organizzazione del corpo cerca di conservare l’equilibrio, ma accordando priorità all’assenza di dolore. L’uomo in piedi deve adattarsi al peso, rendere sicuro il proprio equilibrio, programmare i gesti per prendere, per dare, per creare. Le catene muscolari assicurano queste funzioni. Il corpo è stato disegnato così in milioni di anni, correggendo quando possibile ciò che funzionava meno e cercando di esaltare ciò che funzionava meglio. La corsa naturale (perché parliamo di quello, per estensione si potrebbe dire “la vita naturale”) è esattamente rispecchiare queste condizioni. Un tipo di corsa che esalti la funzionalità dell’organismo, che colleghi, anzi che mantenga i collegamenti tra testa e piedi, che sia armonia e coinvolgimento globale del corpo. Sinceramente, come vedo spesso in rete o sulle riviste, non credo che sia “naturale” una corsa che forzi a sollevare le ginocchia fino a tot., che faccia appoggiare i piedi solo qui o solo lì e guai a sbagliare di un millimetro, che obblighi a tenere una determinata cadenza (frequenza dei passi) e corbellerie del genere, così come non credo sia “naturale” una corsa che miri a copiare modelli di atleti di altissima qualificazione, a studiare video e fotogrammi, a riprodurre modelli che non sono propri. Quelle sono forzature che di naturale non hanno nulla. Può essere, per esempio, bellissima, funzionale, produttiva una corsa che non preveda un sollevamento deciso delle ginocchia, ma che rispetti esattamente il funzionamento del corpo che la compie, oppure una corsa che non rispetti una cadenza, ma che sia armonica per la struttura corporea di chi la compie, che rispetti il grado di allenamento, adatta  al terreno scelto per correre, che sia propria del corridore che la attua. Quella è corsa naturale. Non può esistere una tecnica di corsa, ne devono esistere migliaia, milioni, una per ognuno di noi.

Ovviamente ci sono degli accorgimenti, ma devono essere personalizzati e trasformati in base alle caratteristiche di ognuno. Facciamo un passo indietro. Abbiamo parlato delle leggi del corpo: equilibrio, economia e assenza di dolore, ovviamente esiste un’ideale (allo stato attuale delle conoscenze) di corsa che permette il mantenimento di questa “omeostasi” organica, o meglio, esiste la possibilità di ridurre al minimo gli infortuni e contemporaneamente ottenere un’ottima performance vitale, in accordo con il proprio essere (quindi il triangolo Mente, Corpo e Funzionalità), cercando di seguire alcune semplici indicazioni tecniche. Non scendiamo nei particolari, ma un primo appoggio sul mesopiede, una falcata meno ampia e una frequenza dei passi maggiore (sempre in rapporto alla lunghezza del percorso), una posizione del busto più eretta, scioltezza, agilità e rilassatezza, sono senza dubbio ottimi accorgimenti per avvicinarsi alla corsa naturale. Ma non basta…


Facciamo un salto di, vediamo un po’ circa 2 milioni di anni nel passato … siamo uomini in caccia, siamo quelli che nel futuro verranno catalogati come Homo Ergaster (oppure Homo Naledi, ominide appena scoperto in Sudafrica, sicuramente gran camminatore perché i piedi decisamente simili, almeno nell’aspetto, ai nostri; probabilmente una delle prime specie di genere Homo) viviamo in piccoli gruppi e la nostra forma principale di sussistenza è: la caccia persistente. Stiamo capendo che, come forza e velocità non possiamo competere con i predatori della nostra epoca, ma sappiamo che siamo in grado di muoverci ad una discreta velocità per un tempo sufficientemente lungo da sfiancare le prede e sfuggire ai pericoli. Queste caratteristiche disegneranno il futuro Homo Sapiens. Fisicamente siamo qualcosa di nuovo, anatomicamente siamo le fondamenta per ciò che verrà in futuro. Come ci muoviamo? Beh, “naturalmente”! La corsa e la camminata vigorosa sono i nostri unici mezzi di trasporto, probabilmente percorriamo dai 15 ai 20 km al giorno, a volte di più. Quasi tutti i giorni. Il movimento ha una poderosa base aerobica ad intensità media, con picchi ad altissima intensità (scatto per catturare la preda, per fuggire, saltare degli ostacoli in velocità …) e prevede l’utilizzo di tutto il corpo: correre, saltare, lanciare, sollevare, spingere … (ma guarda un po’, schemi motori di base, ecco perchè gli allenamenti iperspecilizzati non servono, anzi sono controprotucenti!); ma quello che conta è che corriamo molto e lo facciamo senza che ci abbia insegnato nessuno se non la natura. Non ci interessa la frequenza del passo, non guardiamo quanto si alzano le ginocchia, l’appoggio è naturalmente sul mesopiede perché non vogliamo farci male, rispettiamo le leggi del corpo senza conoscerle. La nostra è corsa naturale, siamo scalzi, siamo nudi, siamo uomini …


Correre naturalmente è un modo di essere e come tale difficilmente può essere incatenato in definizioni o imprigionato con troppi paletti. Avvicinarsi a questo modo di muoversi è riscoprirsi: penso, per esempio che, adottando e personalizzando gli accorgimenti di cui parlavamo prima, la corsa naturale possa essere effettuata benissimo con le scarpe, non vedo perché forzare qualcuno a non indossarle, quando si sente più a suo agio al contrario. Sarà semplicemente il tempo e i benefici di un “riscoprirsi” ad alimentare la voglia di sperimentare, anzi, spesso è molto più interessante arrivare per gradi ad una nuova consapevolezza, costruendo la motricità da zero e ascoltando quell’ancestrale richiamo presente in ognuno di noi. Lo sapete, io sono dalla parte del piede, mi terrorizzano un po’ quelle scarpone “iperprotettive” (ma qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Piede abbiamo visto che forse protettive non sono), o tutte le raccomandazioni esilaranti su iperpronazione e compagnia bella, non apriamo troppe parentesi, ma il piede, per tutta una serie di motivi biomeccanici, vascolari e neuronali sa fare bene da solo, sa proteggere, sa spingere, sa ascoltare, sa trasmettere informazioni ed è, soprattutto, una struttura tensegrile, cioè un sistema auto stabilizzante, ma capace di interagire in modo dinamico. Ovviamente il progresso ci viene a dare una mano, l’utilizzo di calzature studiate appositamente, “Barefoot Orientend”, calzature minimali, permette di godere di quasi tutti i benefici del piede nudo potendosi muovere in un contesto sociale moderno dove essere scalzi è un grande tabù ed essere probabilmente più protetti dal punto di vista igienico-sanitario (su questo ci sarebbe da parlare ore, quindi chiudiamo qui). Il consiglio è, però, di muoversi ogni tanto completamente scalzi: in un prato, sulla spiaggia, in casa, ri-abituare il piede a nutrirsi di sensazioni che le comodità hanno sopito. Il godimento di una passeggiata sulla battigia, un massaggio unico, che sa di storia, quel misto di pietre levigate da eoni di onde mescolato a sabbia fine è un viaggio nel tempo, così come affondare i piedi nell’erba verde fresca di rugiada, sentire le imperfezioni del terreno e trasformarle in energia vitale … sono sensazioni assolutamente da provare e da trasferire nel nostro modo di correre, nella nostra corsa naturale, forse è un po’ tornare Homo Ergaster, quella primordiale sete di diventare uomo.

In definitiva non ci sono ricette per la corsa naturale, si deve, naturalmente, correre; come facevamo da bambini, senza pensieri, senza obiettivi, fino allo sfinimento se è il caso, fino a sentirci vivi.

Ritrovare gradatamente una motricità naturale che sia corsa, camminata o qualunque sport si voglia fare ha bisogno di calma, pazienza, di prove, di confronto con sé, di gradualità; le comode abitudini moderne hanno indebolito strutture in passato forti e molto sollecitate, dobbiamo ricostruirle un passo alla volta. Una volta iniziato il processo, però, non vorrete più tornare indietro. Una volta assaggiata la primitiva pietanza non vorrete più mangiare altro. Una volta assaporato l’essere uomo, sarete finalmente fieri di quello che potete essere. Liberi, felici e consapevoli. Naturalmente, vivendo!!!!



Ripeto, non voglio vendere prodotti, ma volente o nolente, faccio parte di un meccanismo, quindi mi permetto di ricordarvi BeNatural!! Il programma di rieducazione sensoriale di StileLibero.

E’ il nostro modo di riprenderci la nostra corsa naturale, naturalmente correndo!!!!!!!!!!!!


SL.A.

Fonti consultate e suggerimenti di lettura:


Osteopathy Models for Diagnosis, Treatment and Practice (cap. 4) – Parson-Marcer – Churchill Livingstone Elsevier – 2005

Le Catene Muscolari Volume I° - Busquet – Marrapese Edizioni 2002

Il Cammino dell’Uomo – Tattersall – Bollati Borlinghieri 2011

I Signori del Pianeta – Tattersall – Codice Edizioni 2013

La Storia del Corpo Umano – Lieberman – Codice Edizioni 2014

Born To Run – McDougall – Mondadori 2014

Endurance Running and Evolution of Homo – Bramble-Lieberman – Nature 432 18/11/2004 (http://www.nature.com/nature/journal/v432/n7015/full/nature03052.html )


L'immagine di Ryu il Ragazzo delle Caverne è tratta da www.youtube.com 

mercoledì 2 settembre 2015

Allenamento Funzionale o Funzionalità dell'Allenamento?



ALLENAMENTO FUNZIONALE O FUNZIONALITA’ DELL’ALLENAMENTO?



In un momento storico decisamente condizionato dall’apparire, dove persino le opinioni su futilità e banalità debbono essere messe in vetrina, l’aspetto estetico diventa quanto mai prorompente per designare, perdonatemi la brutta similitudine, una classe d’appartenenza. Non sono un sociologo, mi interrogo sui perché e sulle conseguenze di questo modo di vivere, ma sono considerazioni che tengo per me e, soprattutto, non sono il tema di questo articolo che, nella sua lineare, competente, ma ingenua semplicità, prende spunto da un dato di fatto, l’ossessione per il mettersi in mostra. Non ne faccio un discorso di bellezza/bruttezza, di buono o cattivo gusto, non mi interessa, sono consapevole di quanto poco di materiale, inteso proprio come materia, ci sia nella nostra realtà e quanto, invece, sia affidato ad energie che comprendiamo solo in parte, quindi tutti i ragionamenti su canoni estetici, addominali scolpiti e cosce chilometriche mi lasciano del tutto indifferente. Il presupposto si collega, però, in maniera piuttosto diretta e, direi quasi violenta, al mio lavoro, alla mia vita, quindi; detto ciò svicolo il più velocemente possibile dalle implicazioni di grande portata di un discorso generalista sull’argomento e mi tuffo invece sullo specifico, sul tema vero e proprio che più mi sta a cuore.

Mi sono imbattuto su video di you-tube. Anzi, ad essere sincero, me l’hanno fatto vedere con una certa ammirazione per i protagonisti, era una specie di “tutorial” (manuale di istruzioni video …) dove venivano illustrati passo passo l’esecuzione e, soprattutto, gli “effetti”, chiamiamoli così, di un fantomatico aesthetic training, un “allenamento estetico”. Beh, sono rimasto un po’ allibito; affascinato da un lato dalla fantasia e dalla scaltrezza imprenditoriale che ha permesso di proporre un programma del genere in un periodo del genere, quindi di sicuro successo, sconcertato da quello che vedevo, dal tipo di allenamento, da come veniva eseguito, dai consigli dati, da come un’arte antica come l’uomo, quella del miglioramento di sé e del sé, veniva banalizzata e svenduta nell’arco di 5’. 

Capite bene come abbia sentito muovere la terra sotto i piedi. Ma allora è quello che si cerca dall’allenamento? E’ il solo (non è un giudizio il mio, ci mancherebbe, anzi più che legittimo perseguire ogni obiettivo che si ritenga degno, purché, ovviamente non rechi danno alcuno, semplicemente sono constatazioni) motore che spinge l’uomo ad allenarsi? Veramente si cerca un modo per piacere prima che per piacersi? Mi sono interrogato e mi interrogo tutt’ora. La mia visione dell’allenamento, inutile dirlo, diametralmente opposta, protende innanzi tutto per una maggior consapevolezza corporea, per una migliore qualità di movimento e quindi di vita, per una cresciuta autostima che deriva da un “funzionare meglio”; la performance e l’estetica sono messe decisamente in un secondo piano, possiamo considerarli per qualcuno dei piacevoli “effetti collaterali”, dei saporiti contorni della portata principale che rimane sempre una migliore qualità della propria esistenza, ma assolutamente non indispensabili da ricercare, il primum movens non può essere qualcosa di passeggero e illusorio, ma qualcosa di stabile e duraturo. Puntare al miglioramento e non alla perfezione, puntare a costruire fondamenta solide e non traballanti palafitte  dallo scarno contenuto.

In questo ginepraio si muove con passi prepotenti, dettati da una spinta d’opinione pubblica, da una spinta “modaiola” quello che viene definito (un po’ a caso secondo me) “Allenamento Funzionale”. L’idea di partenza ottima, la prosecuzione e la seguente evoluzione (Cross Fit, Calisthenics, modo molto cool per definire l’allenamento a corpo libero, primitive movement, suspension training e tutte quelle cose di tendenza che trovate in rete) in molti casi veramente scadenti.

Analizziamo dal principio.

Functional Training per gli anglofoni o Allenamento Funzionale per noi un po’ più sempliciotti, nasce dall’esigenza di creare un serie di programmi che possano permettere un coinvolgimento globale, il più ampio possibile, dell’organismo umano, rendendolo, dunque, più abile, più pronto, funzionante meglio, diciamo così. 

Da dove si parte:

·         Conoscenza del corpo umano
·         Conoscenza del movimento umano e delle regole (o presunte tali) che lo governano
·         Conoscenza della biologia e della biochimica che supporta il movimento umano
·         Applicazione di tutto questo alla variabilità umana
·         Personalizzazione (sia dell’allenamento che degli obiettivi)
·         Utilizzo creativo dei mezzi e metodi a disposizione.

Il tutto seguendo un assunto neurofisiologico importante:

·         Il cervello riconosce solo i movimenti e non il singolo muscolo.

Quindi l’Allenamento Funzionale permette un’espressione globale dell’organismo, basata su studio, esperienza, creatività e fantasia. L’obiettivo? Una migliore qualità della vita. Una migliore funzionalità.

Faccio due esempi per spiegare meglio:

·         Sportivo che vuole ottimizzare la sua resa sul campo da tennis: verrà adottato un programma che lavorerà sul corpo (e di riflesso anche sulla mente, ma questo è un altro discorso) di quella persona, cercando di coinvolgerlo nella maniera più completa possibile per avere un beneficio tangibile nella quotidianità e, come da richiesta, nella partita a tennis della domenica;

·         Signora anziana che ha difficoltà di deambulazione e tendenza alle cadute: il programma, questa volta, avrà come primo traguardo ripristinare quanto più possibile la funzionalità motoria globale dell’utente e come secondo obiettivo renderlo più capace di districarsi nelle insidie della giornata, ad esempio con la borsa della spesa, o durante una passeggiata su una pavimentazione sdrucciolevole …

Due esempi opposti, ma la stessa ricerca di una maggior funzionalità, uno svolgere adeguatamente determinate funzioni. I metodi ed i mezzi utilizzati saranno ovviamente diversi, il risultato globale sarà lo stesso.

Ricapitoliamo: il nostro fisico non è fatto per selezionare ed isolare i movimenti: la completezza del gesto, è da milioni di anni, una causa (ed in qualche maniera anche una conseguenza) dell’evoluzione umana. Nella società moderna il troppo benessere e gli eccessivi ausili nelle attività di spostamento anche minimali, creano soggetti apatici e privi di quelle energie primordiali che in passato favorivano l’integrazione con il mondo circostante, che rendevano l’essere umano un qualcosa di veramente vivo, ma non solo, privi anche di quella “qualità percettiva”, di quella sensibilità propriocettiva che rende ottimale il Movimento, inteso come suprema arte di coinvolgimento NeuroPsicoEndocrinoOsteoMuscolare. Ripeto spesso questo termine (ovviamente mutuato dalla PNEI, PsicoNeuroEndocrinoImmunologia), che è probabilmente riduttivo, perché il movimento è vita e non c’è vita senza movimento.

Interessante notare come la parola (e qui sono costretto ad utilizzare l’inglese) “Fun-ctional” contenga il suffisso "fun", divertimento: unire il benessere e la ricerca del proprio miglioramento al piacere di sentire il proprio corpo che si muove, abbandonando l'assurda dicotomia corpo-mente, ma facendo si che il coinvolgimento sia totale, globale, ponendo la persona al centro del programma.

Detto questo risulta abbastanza chiaro come un “Allenamento Estetico”, nella mia idea, nel mio concetto di allenamento non possa essere accettato, quantomeno come prioritario, così come tutte le conseguenze di natura “esasperatamente” sportiva dell’allenamento funzionale non posso accettarle come tali, bensì come un qualcosa di diverso che dell’originale “funzionare meglio” non hanno più nulla. Osservare il corpo che si muove dalla prospettiva dei movimenti, quello diventa il succo, e non le abilità atletiche più o meno acquisite; ripeto, il primo obiettivo deve essere sempre una maggior consapevolezza corporea, per una migliore qualità di movimento e quindi di vita.

Su queste premesse cerco di impostare il mio lavoro, senza slogan (Work Hard è quello che va per la maggiore, lavorare duro, d’accordo, sarebbe meglio lavorare bene …), senza etichette commerciali o commerciabili, senza facili rincorse alle tendenze di oggi o di domani, ma con i piedi ben ancorati alla qualità del movimento e, soprattutto, a chi il movimento deve svolgerlo. Credo che il lavoro per il benessere vada vissuto un po’ come una missione, non nel significato “tragico” del termine, ma come un coinvolgimento del proprio essere nel lavoro, che deve far parte integrante della propria vita, del proprio stile di vita e non un passatempo o un arrotondare uno stipendio (legittimo anche questo, ci mancherebbe). Professionali e professionisti e con la mente più aperta possibile.

Mi permetto di spammare anche qui il programma di Stile Libero di questa stagione iniziante, so che mi perdonerete ...  prendetela un po’ come una pubblicità all’articolo che spero sia stato interessante !!!!

Lunedi 7 Settembre 2015.
Ore 9.00
Stile Libero riparte. Uno Stile Libero 2.0 in particolar modo per ciò che riguarda i contenuti.
Allenamento Personalizzato - Personal Training : L'essenza dell'allenamento di qualità. Rapporto 1 a 1 allenatore/allenato, massima cura di ogni particolare. Su appuntamento.
Allenamento Individualizzato - Individual Training : creazione di programmi di allenamento su misura, per il singolo o per piccoli gruppi. I programmi crescono e/o si arricchiscono in base ai progressi e obiettivi dell'utenza.
Entrambe queste tipologie di allenamento traggono (o possono trarre) i propri elementi costitutivi da:
Allenamento Funzionale - Functional Training --> XCrossTraining : ogni individuo viene allenato come una unica grande entità e non per “blocchi” e/o schemi predefiniti, rendendo il Movimento suprema arte di coinvolgimento NeuroPsicoEndocrinoOsteoMuscolare.
Corsa di gruppo - Group Running --> Run&Motion Style : Allenamenti di gruppo per ogni livello con il "Metodo Run&Motion" e con il Run&Motion Team; divertimento e benessere per tutti.
Be Natural: Corsa Naturale - Be Natural: Natural Running : un passo oltre, studio della tecnica con allenamenti "a secco" oltre che podistici, avvicinamento alla corsa Barefoot (con calzature minimali) ed "Educazione Sensoriale-Propriocettiva" lavorando sul piede.
Camminata Sportiva - Nordic Walking/Speed Walking : uscite di gruppo in tecnica Nordic Walking, quindi con l'utilizzo di appositi bastoncini, per un globale ed ottimale coinvolgimento organico, oppure, uscita di gruppo di camminata veloce. Attività divertenti per ritrovare armonia con il nostro corpo e l'ambiente che ci circonda.
Allenamento con Sovraccarichi - Weight Training : allenamento che prevede l'utilizzo eclusivo delle attrezzature di muscolazione, pesi liberi e/o macchine da palestra.
CardioFitness: attività a coinvolgimento cardiorespiratorio con le opportune attrezzature da palestra (simulatori di camminata, corsa, pedalata ...) o outdoor. Attività per l'incremento prestativo o per il controllo di problematiche metaboliche.
Preparazione Atletica - Athletic Training : preparazione atletica specifica ad una o più attività sportive, la nostra visione dell'allenamento al servizio della performance.
Rieducazione Posturale - Postural Lab : controllo dell'assetto corporeo ed eventualmente lavoro su determinati compensi trovati.Ricerca di una migliore conoscenza di se e del posizionamento del proprio corpo nelo spazio. Eventuale utilizzo di piccoli attrezzi (fit ball, pedane instabili, elastici, cuscini ...), di PancaFit e particolari metodiche di stretching.
*Rieducazione Funzionale - Functional Rehabilitation : post-traumatica, post-fisioterapica, post-sedentarietà: un ritorno ad un'attività motoria funzionale o, nel caso, all'atletismo.
*Attività Motoria Adattata - Adapted Physical Activity : attvità motoria per persone con esigenze particolari (giovani o anziani), con problematiche delicate (sovrappeso/obesità, eccessiva magrezza, squilibri metabolici ...)
*Queste due attività possono, nel caso, essere svolte in sinergia con figure professionali sanitarie (fisioterapisti/nutrizionisti)
Massaggio decontratturante/rilassante
Kinesiotaping

Attività atte al benessere muscolare senza nessun obiettivo curativo, ma essenzialmente preventivo o compensativo. Su appuntamento.
Consulenze nutrizionali nell'amibto di dieta Gift per un corretto approccio all'alimentazione per l'attività fisica e il benessere. Su appuntamento.
L'aspetto cultura: tutto ciò che concerne la nostra visione su teoria e pratica dell'allenamento, alimentazione per il benessere e nutrizione applicata allo sport e tutto ciò che ruota intorno al mondo delle palestre lo trovate qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/

Questo è quanto. Noi siamo prontissimi ad iniziare questa nuova avventura.
Impegno, professionalità e competenza, come al solito, sono garantiti.
Vi aspettiamo!!!!
SL.A.

L'immagine è tratta dalla pagina Facebook "Sognatori che affollano le palestre a giugno in cerca di miracoli"