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giovedì 31 dicembre 2015

Apprendimento Motorio vs Allenamento Funzionale



Vorrei vivere un 2016 meno “Social” e più “Sociale”.
Vorrei vivere un 2016 meno “Selfie” e più “Self Made”.
Vorrei vivere un 2016 meno apparenza e più sostanza.
Vorrei vivere un 2016 dove l’informazione e la formazione seguano canali e criteri scientifici, accurati, aggiornati.
Vorrei vedere un mondo che studia per migliorarsi, per crescere, per ritrovare un equilibrio.
Il nostro 2016 seguirà questi desideri, abbiamo cambiato marcia e scelto il nostro ritmo di crociera, ritmo che non ha le apparenti forza e velocità dei guru medico-alimetaristici, che non segue le aberranti mode dei personal trainer-coach-tutor spopolanti un po’ ovunque, ritmo però costante, martellante, la goccia che poco per volta sgretola la roccia, ritmo inesauribile di chi investe di passione e voglia di fare il proprio modo di vivere, ritmo di chi gode per quello che offre, indipendentemente da ciò che ne ricava.
Come ultimo pezzo dell’anno, un argomento che ci sta particolarmente a cuore, che per ovvi motivi verrà qui ridotto all’essenziale, ma che è già più che sufficiente per poter affermare, con orgoglio e soddisfazione: “Solo da StileLibero …”, perché è facile buttarsi sulla tendenza del momento e scopiazzare due video menandosela da fighi mentre ben più difficile è costruire una propria competenza un passo alla volta, con studio, abnegazione, esperienza. Strada senz’altro molto più ardua, ma sicuramente più ricca di soddisfazioni.
Allenamento funzionale, ne parlano tutti, lo praticano tutti, tutti ne conoscono i segreti. Con supponenza ed arroganza. “Si fa così”, nessuna possibilità di replica. “Perché si fa così?” boh, quello non lo sa nessuno: il tipo grosso sulla rivista faceva così, quello atletico nel video faceva così. Nessun dubbio (ed è questa la cosa che più mi spaventa): è così, non c’è un perché. “Meglio usare i pesi piuttosto che le macchine, come il TRX non esiste nulla, meglio i manubri dei bilancieri …” tanti blabla, che possono anche avere un fondamento, ma in generale, non è importante saperlo, non chiediamoci perché, facciamo così e basta.
Peccato che invece i perché ci siano e che spesso quello che “si fa così” andrebbe invece fatto in tutt’altro modo.
Viviamo con i nostri dubbi in un mondo ricco solo di certezze, e ne andiamo fieri. Il dubbio vuole ricerca, studio e mettersi in discussione. Ed è quello che ci piace fare.
Dedicato a tutti i trainers usciti dalla “Facebook Universtity”:
APPRENDIMENTO MOTORIO VS ALLENAMENTO FUNZIONALE
Il movimento è necessario alla vita. La vita stessa come la concepiamo è diretta funzione del muoversi. Non c’è vita senza movimento. Mantra ripetuti da tutti alla nausea, l’uomo come tale costruito in milioni di anni dal movimento, per il movimento. Uno degli scopi principali della rappresentazione interna del mondo esterno creata dai sistemi sensoriali è quello di guidare il movimento. I sistemi sensoriali sono le vie di ingresso del sistema nervoso centrale e trasformano l’energia fisica degli stimoli in segnali nervosi, mentre i sistemi motori usano i segnali nervosi per generare movimento. Per dirla alla Sherrington: “I motoneuroni (cellule nervose che, essendo in contatto con quelle muscolari, trasmettono loro informazioni dal sistema nervoso centrale, convertite così in movimento) costituiscono la via finale comune del sistema nervoso”.
Uno dei compiti fondamentali dei sistemi motori è quello di selezionare la risposta appropriata ad ogni momento e di indirizzare su quell’azione tutto il complesso apparato che realizza il movimento. Questa frase riassume un po’ l’essenza del nostro “essere movimento” e definisce ulteriormente quello che andiamo a proporre quando parliamo di allenamento funzionale, un qualcosa che possa amplificare e rendere sempre più fine, precisa, puntuale e mirata la risposta del nostro organismo.
Facciamo un passettino indietro … Parlando di sistemi sensoriali, oltre a riferirci ai classici 5 sensi di Aristotelica definizione: tatto, vista, udito, gusto e olfatto, teniamo in precipua considerazione anche un “sesto” senso (che non ci fa “vedere la gente morta”, come nel film con Bruce Willis, ma bensì ci aiuta a sentirci ancor più vivi), forse il più importante di tutti per quel che riguarda il movimento: la propriocezione, il senso che continuamente ci tiene informati sulla posizione del nostro corpo.
Incominciamo a collegare tutti i fili: le informazioni sensoriali sono necessarie per il controllo motorio (e quindi per il movimento), i propriocettori dei muscoli (recettori propriocettivi, della propriocezione), delle articolazioni e dell’apparato vestibolare informano sulla lunghezza e tensione muscolare, sugli angoli articolari e sulla posizione del corpo nello spazio, la vista, l’udito ed il tatto forniscono informazioni sugli oggetti e sull’ambiente che ci circonda e sui rapporti tra il nostro corpo e questi oggetti; entrambi i tipi di informazioni sono essenziali per la pianificazione dei movimenti e per il loro controllo in corso di esecuzione. Affascinante, no? Adesso cominciate a giudicare un po’ diversamente un piegamento sulle gambe con spinta verso il soffitto di una palla, fatto con i piedi sul pavimento o con i piedi su di una pedana instabile, vero?
Cerchiamo di rimanere il più possibile sul generico evitando di addentrarci troppo nella neurofisiologia, ma allo stesso tempo proviamo a dire qualcosa di interessante.
Spesso viene facile indagare il movimento basandosi solamente su quella che è l’azione del muoversi; nella realtà, invece, l’azione è intimamente legata alla percezione, anzi, possiamo dire che sono interdipendenti: agiamo perché percepiamo e percepiamo grazie all’azione: la percezione non è solamente, quindi, interpretazione dei messaggi e delle informazioni sensoriali, ma anche simulazione interna dell’azione. Sarebbe interessante approfondire, proprio su questo argomento, l’interessante capitolo su neuroni specchio (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Neuroni_specchio ), ci riproponiamo di farlo, vista la complessità dell’argomento, in occasioni future.
Torniamo a noi. Come vengono integrate le informazioni sensoriali con i comandi motori? In tre livelli organizzati in modo gerarchico e in parallelo:
1.       Il midollo spinale
2.       Il tronco encefalico
3.       La corteccia cerebrale
Le aree motorie della corteccia cerebrale possono influenzare il midollo spinale sia direttamente che attraverso i sistemi discendenti del tronco dell’encefalo. Tutti e tre i livelli dei sistemi motori ricevono segnali afferenti sensoriali e vengono influenzati da due sistemi sottocorticali indipendenti: i nuclei della base ed il cervelletto che agiscono sulla corteccia cerebrale per il tramite di nuclei di trasmissione talamici.
Come è complesso un qualcosa di così “semplice” ed immediato come un movimento. Come prendono tutt’altra piega gli allenamenti che fate, vero?
Tre possono anche essere considerate le principali categorie di movimento, rappresentate dalle attività motorie:
1.       Risposte riflesse: per esempio risposte a stimoli dolorifici, o il riflesso patellare … in genere risposte rapide, stereotipate, involontarie
2.       Attività motorie ritmiche: come il cammino, la corsa, la masticazione. Possiamo considerarle un mix tra risposte riflesse e atti volontari
3.       I movimenti volontari: sono intenzionali ed in buona parte appresi e la loro precisione aumenta con l’esercizio (con l’allenamento). Più sono perfezionati con la pratica, minore partecipazione cosciente richiedono.
Non mi dilungherei oltre, mi premeva porre l’accento sulle basi di quella che è l’organizzazione del movimento e di come esso sia veramente un meccanismo unico e complesso. Il “banale allenamento” o il “semplice fare movimento” non hanno nulla di banale e semplice, ma sono, come abbiamo detto, il risultato di un’ottimale sincronizzazione dei diversi sistemi interessati.
Gli elementi del repertorio motorio individuale dipendono dal costituirsi e dal consolidarsi di circuiti anatomo – funzionali tra le cellule del sistema nervoso. La grande plasticità del SNC fa si che alcuni di questi circuiti si formino nel tempo e altri si perdano in base ad un processo di selezione delle connessioni nervose, legato all’interazione di ciascun individuo con il proprio ambiente (e perché no, anche grazie all’allenamento o al non allenamento). La conseguenza di questo costante rimaneggiamento del SNC è che la costituzione di un patrimonio motorio vasto e duttile dipende dall’attivazione e dalla conservazione di una grande quantità di circuiti nervosi nei tempi e nei modi in cui questo è possibile. Poiché l’attivazione di circuiti motori è frutto dell’azione (esperienza di movimento: allenamento), ne segue che quanto più questa è ricca e variata, tanto più ampio è il repertorio motorio e tanto più è “funzionale” l’approccio alla quotidianità.
Capite dove volevamo arrivare? Non è tanto l’effettuare un gesto od un gruppo di gesti a rendere “funzionale” un allenamento (quindi creatore di un repertorio motorio ampio), ma la gestione di una miriade di informazioni motorie, l’interiorizzazione delle stesse e il transfer del risultato sul quotidiano. Questo è quello che cerchiamo di fare (Solo da Stile Libero … ricordate?) ogni volta che proponiamo un allenamento. Questa non è moda, non è tendenza, è sfruttare le proprie conoscenze rendendole fruibili a tutti. Allenamento funzionale, dunque. Niente di modaiolo, semplicemente il raggiungimento di una qualità motoria che sia spendibile il più possibile nella quotidianità, creando un bagaglio di “nozioni motorie” e permettendo un ottimale apprendimento motorio delle stesse cercando di lavorare su quella che possiamo definire “neuro plasticità”.
Quindi l’apprendimento motorio può essere definito come una forma di condizionamento dei legami sinaptici (della comunicazione tra le cellule) che porta alla creazione di nuove interconnessioni di sistemi neuronali specifici al movimento. L’allenamento funzionale che intendiamo noi esegue uno step ulteriore, trasferisce questo apprendimento motorio alla vita di tutti i giorni e/o all’obiettivo specifico di chi lo esegue.

“Muovere le cose è tutto ciò che il genere umano può fare; … a tal fine l’unico esecutore è il muscolo, sia per bisbigliare una sillaba che per abbattere una foresta”. C. Sherrington 1924

SL.A.

Bibliografia e letture consigliate
Fondamenti delle neuroscienze e del comportamento – Kandel, Schwartz, Jessel – Casa Editrice Ambrosiana – 1999
Fisiologia dell’uomo – Alloatti et al. – Edi-Ermes 2002
Biologia dello sport – Weineck – CalzettiMariucci – 2013
Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport – Wilmore, Costill – CalzdettiMariucci – 2005
Testo illustrato di neuroanatomia – Crossman, Neary – Springer – 1998
Lotta e sorridi – Fedeli – Sperling&Kupfer – 2015 
Immagine tratta da:

www.attivamentelab.it

sabato 5 dicembre 2015

INFO DELLA SETTIMANA



INFO DELLA SETTIMANA
Faccio una premessa.

Quella che vado a scrivere è una generalizzazione di un concetto; non prendetela sul personale, non voglio sentire i soliti: “ma io no, non io …” e scaricamenti di barile vari; siccome parlerò della mia palestra sono benissimo consapevole di chi è fatto ad un modo e chi ad un altro, riesco a discernere benissimo tra chi apprezza e chi no: mi rendo conto di chi merita (e continuerà ad avere) e chi invece, in relazione a quello di cui andrò a parlare, ovviamente, non merita (ergo non avrà più).

Vi ho un po’ incuriositi? Vedremo …



“INFO DELLA SETTIMANA” è un’idea nata quest’estate; una lavagna da riempire, un paio di pennarelli, un sacco di cose da dire, anzi, era nata come “INFO DEL GIORNO” ma, pensando che molti non hanno una frequenza di allenamento giornaliera, mi spiaceva far perdere qualcosa, quindi, semplicemente, tutti i lunedì mattina, cercavo uno spunto – a mio avviso – interessante e lo scrivevo su questa lavagna. Siccome mi sembrava poco, ho aperto due sezioni, una “Training” dove l’argomento principale era l’allenamento in tutte le declinazioni possibili (pesi, corsa, forza, resistenza, definizione muscolare, potenza, velocità …), e una “Nutrition”, dove, ovviamente, parlavo di alimentazione, specialmente in relazione all’attività fisica.



Apro una parentesi. La voglia di imparare è ridotta al lumicino. C’è una pletora di “scienziati” in rete che, ammirevolmente senza richiedere nessuna retribuzione, dispensa pillole su qualsivoglia argomento; meno sei preparato e più sei autorevole, perché “queste cose le lobby e la casta non vogliono che si sappiano …”, oppure “studia, studia, tanto la verità non è scritta sui libri”, e via a sfoderare le cause primarie del cancro, le scie chimiche, gli uomini che partoriranno, le banane con la buccia a chiazze che curano ogni malattia ecc … Standing Ovation dal pubblico lobotomizzato che inizia discussioni interminabili su argomenti scientificamente inesistenti (ma anche non scientificamente … su argomenti inesistenti, punto). L’Università di Facebook è un campus (con frequenza obbligatoria) dove megatoni di stronzate vengono sparate a caso e condivise da migliaia di persone, senza il minimo interesse ad informarsi su quello che c’è scritto, senza la benché minima voglia di indagare sulle fonti di provenienza della  notizia, senza, in pratica, utilizzare il cervello. Un mondo di decorticati zombie che al confronto “The Walking Dead” sembra il campo Scout. Questo è il quadro (ricordate la premessa iniziale prima di commentare a casaccio).

Io sono ASSOLUTAMENTE, il signor nessuno (e sono fiero di esserlo), ma ho la fortuna di essere un “cazzo di Nerd curioso di merda, polemico e rompicoglioni”, in più sto invecchiando, quindi immaginate che miscela esplosiva! Mi piace proprio cercare, ricercare, studiare, andare a fondo, possibilmente contestare, trovare qualcosa che si possa fare o dire meglio, polemizzare e rompere i coglioni (come da definizione), ma mi piace farlo in maniera intelligente (o così presumo che sia). Tutto sommato vado anche piuttosto fiero del mio cervello (inteso come qualità del lavoro che riesce a fare, non è un giudizio puramente estetico, anche se immagino di avere delle belle circonvoluzioni ;-) ), quindi cerco di usarlo; a questo punto credo sia un difetto, ma non riesco a farne a meno …

In questo mare di diffusa e becera ignoranza (#ignoranza è uno degli hastag più diffusi nei social ... rendiamocene conto), ci sono pochi “Pirati” che riescono a veleggiare e, questa volta veramente per solo puro spirito di condivisione, cercano di diffondere informazioni serie, documentate, SENZA SECONDI FINI (meglio scriverlo altrimenti qualcuno si monta la testa; no, tu non fai parte del gruppo di Pirati, tu hai secondi, terzi e, credo, pure quarti fini), aggiornate, scientificamente provate o, comunque, qualcosa su cui valga la pena ragionarci sopra. Mi piace pensare di far parte di questo gruppo, nel mio minuscolo piccolo, nella mia “palestrucola” come mi è stato detto, che più che offensivo trovo simpatico, senza sponsor e senza conflitti d’interesse. Chiusa parentesi.

Torniamo a “INFO DELLA SETTIMANA” e al mio minuscolo piccolo.

Questa settimana è stata l’ultima. Credo che molti non sappiano neppure che in palestra c’è la lavagna e sono assolutamente convinto che una buona percentuale non abbia nemmeno mai provato a decifrare quegli strani simboli ( … parole … ) che vi campeggiavano sopra. Erano cose interessanti, ve lo assicuro, utili, stimolanti per chi veniva in palestra proprio per migliorasi, senza la puerile illusione che il miglioramento fisico possa avvenire senza un miglioramento di sé. Beh, queste ultime persone continueranno ad avere le loro info, perché le chiederanno e, come sempre, verranno date. Gli altri credo resteranno ancorati al loro vuoto informativo come patelle agli scogli, probabilmente senza accorgersi di nulla (e senza nemmeno leggere questi miei sproloqui :-D ).

Sono un po’ deluso, perché in questo caso la mia regola dell’80% viene rispettata al contrario. Cos’è la regola dell’80%? Davvero non lo sapete? Cavoli, spiego subito … sono convinto che nella mia palestra (la mia palestra è differente) ci sia questo numero magico: 80%. L’80% degli iscritti si impegna. L’impegno di questo 80% è sempre (o molto spesso) almeno dell’80% del proprio “massimo”, l’80% delle volte che spiego un esercizio viene eseguito come spiegato dall’80% delle persone a cui è stata fatta la spiegazione, e così via … In questo caso, l’80% non ha mai letto l’ “INFO DELLA SETTIMANA”, quindi, diciamo che, se questo numero magico compare, questa volta, non mi soddisfa a dovere!!!



Chiudo qui. Le parole hanno ovviamente poco potere contro le immagini, quindi credo che questa possa essere degnissima conclusione. Un’immagine che racchiude parole che riassumono un concetto prezioso, quello che io e Marina stiamo cercano di insegnare a Paride, che domani compie 16 anni:

“FOTTI IL SISTEMA. STUDIA”.

Un abbraccio a tutti e … che la Cultura sia con voi !!!



SL.A.

Immagini tratte da:



domenica 1 novembre 2015

La postura nella corsa, la postura della corsa: realtà o fantasia?



LA POSTURA NELLA CORSA, LA POSTURA DELLA CORSA: REALTA’ O FANTASIA?


In cosa consiste il mio lavoro? Se dovessi definirlo nella maniera più concisa possibile, mantenendo comunque una certa precisione, direi senza dubbio che ho il privilegio di “occuparmi delle persone”.
Noterete che ho preferito non sbilanciarmi parlando di salute o di malattia delle persone, per tutta una serie di motivi che in parte sono già stati discussi qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Salute
Sinceramente quando ho iniziato, circa 20 anni fa, il viaggio per intraprendere questa professione, non avrei mai immaginato un epilogo del genere, o meglio, non pensavo minimamente alle implicazioni che un percorso del genere potessero avere in tal senso.
Occuparsi delle persone può voler dire tutto o niente, il bello delle definizioni è proprio questo, riempiono uno spazio, ma hanno la possibilità di farti rimanere così nel vago da illudere di aver capito, anche quando non si ha capito nulla. Nel mio caso occuparsi delle persone, invece, acquista un valore molto preciso, definisce un percorso, un progetto che vuole portare chi lo intraprende a raggiungere una nuova consapevolezza, sia essa di prestazione (fisica, atletica, estetica, funzionale) che semplicemente (!) di benessere. Mi rendo conto che il discorso sia piuttosto presuntuoso, ma a questo punto mi sembra inutile nascondersi dietro ad un dito, anzi, credo sia opportuno giocare a carte scoperte e, con tutti i limiti di ogni caso, ambire sempre al massimo raggiungibile, senza superbia, ma con assoluta fiducia nei propri mezzi.
Siccome ho già accennato il mio pensiero sull’allenamento e le sue varie declinazioni in altre occasioni, mi concentro qui su di un mondo che è costruito essenzialmente su di una parola sola, ma che nasconde dietro di essa un caleidoscopio di interpretazioni difficilmente inquadrabile; stiamo parlando di un termine che, almeno una volta, è stato pronunciato da tutti, signore e signori, ecco a voi miss “Postura” !!!! (standing ovation).
Ogni problematica algica a carico della “struttura” corporea (per semplificare generalmente intendiamo con struttura l’apparato osteo-muscolare) viene ricondotta spesso, dai professionisti del settore, a questa unica parola: “Postura”. E’ una semplificazione, un estremismo, quindi è un’esasperazione di un concetto che potrebbe anche avere un fondo di verità. Il discorso a questo punto diventerebbe lungo e, forse, un po’ troppo tecnico, così, complici i ragazzi del nostro gruppo di corsa, mi soffermo su di una particolare accezione del termine postura, quella che la abbina al running appunto. Dopo la mezza maratona di qualche giorno fa, numerosi sono stati i commenti, anche, ma non solo, tra il nostro gruppo: “ho visto molta gente correre male! Hai visto come correvano i primi!!! Secondo me i peggiori erano … “ la cosa non mi ha sorpreso, ho notato parecchi individui caracollanti anche io, ma ha dato adito ad alcune riflessioni.
Come si dovrebbe correre? Quanto influisce l’assetto corporeo sulla prestazione podistica? Esiste una postura ideale per correre?
Siccome il nostro obiettivo è quello di “formare” sportivi e non atleti, è quello di indicare una via e non una meta, è quello di costruire delle basi e non degli apici, è quello di offrire la possibilità di attingere dai propri mezzi sfruttandoli al massimo e non di provare a sfruttare mezzi che non si hanno, in sintesi promuovere un’attività motoria che in primis migliori le proprie condizioni di vita e che non sia mera (pur rispettabile) rincorsa alla performance, capite subito come l’argomento ci tocchi molto da vicino; abbiamo già fatto qualche approfondimento qui: http://www.stileliberoacademy.blogspot.it/search/label/Corsa%20Naturale legato più che altro alla corsa “naturale” (di ispirazione barefoot), siamo dunque pronti per provare a completare il discorso.


Partiamo dalla definizione di postura. In letteratura se ne trovano parecchie, una che può calzare all’interno del ragionamento che stiamo per iniziare è: “Posizione ed espressione che il corpo assume nello spazio, secondo uno schema individuale, grazie all’attività della muscolatura tonica con funzione antigravitaria e con forte significato biomeccanico/anatomico, psicologico, sociale, emozionale e simbolico” (Buzzi-Guidi Fabbri).
Anche in questo caso, nonostante la definizione sia molto dettagliata, si rimane un po’ con quell’idea confusa e stranita di sapere tutto e di non sapere nulla.
Urge una spiegazione, quindi un piccolo salto indietro.
Il corpo, macchina perfetta che rappresenta la condizione fisica dell’io, della personalità dell’individuo, è sempre stato concepito in termini strettamente analitici, il dualismo cartesiano corpo-mente ha condizionato e purtroppo in molti casi continua a farlo, lo studio dell’individuo e delle sue potenzialità. La postura, considerata ancora esclusivamente anatomia-dipendente risente in maniera particolare di questa concezione meccanicistica, il corpo viene paragonato ad un insieme di leve, cerniere e muscoli, evitando di prendere in considerazione tutto l’insieme dell’uomo, una integrazione indissociabile tra struttura, funzione e psichismo.
A nostro avviso è necessario fare un poderoso passo in avanti rispetto a tutto ciò, ritornando (eh si, ritornando …) a considerare l’individuo come entità globale e, quindi in questo caso, la sua motricità, frutto di quello che possiamo definire un “insieme” integrato, dove ogni suo organo o funzione è totalmente compartecipe e adattato agli stimoli sensitivi, motori ed emozionali che lo coinvolgono.
Interessante in questo senso è il tentativo di definizione ed inquadramento del termine postura di Cabella-Canepa-Molfetta : “il modo in cui l’individuo manifesta la propria presenza al mondo (in funzione della propria autoconsiderazione ed in relazione al rapporto con altri), organizzando nelle varie situazioni statiche e dinamiche il proprio equilibrio segmentario, contrastando la forza di gravità e predisponendosi nel modo migliore all’azione, manifestando costantemente, infine, la propria sensibilità e gli elementi volitivi ed emozionali del proprio essere”. 
La postura è dunque un fenomeno sociale, una manifestazione dei bisogni di espressione e comunicazione; gli atteggiamenti possono essere naturali o convenzionali, ma esprimono sempre una maniera di essere di fronte agli altri.
Visto come si complica il discorso? Ci distanziamo molto da quell’immaginifico “posizione ottimale del corpo nello spazio”, dal classico, ma sempre trendy “tieni la schiena dritta”, rendendo labili anche i confini tra postura corretta e scorretta (o quantomeno labili i confini tra questi due termini) e tendendo sempre più verso un insieme perfettamente integrato di dati di equilibrio e disequilibrio, stabilità ed instabilità, armonia funzionale, economia e confort (assenza di dolore), consentendo una naturalezza dinamica quanto maggiore possibile, rendendo dunque l’organismo in toto ottimamente predisposto al movimento. Il tutto fuso e perfezionato dal nostro modo di essere e di vivere ogni istante, il qui e ora che deve pervadere ogni nostro movimento, ogni nostro pensiero.
Ma dobbiamo parlare anche di corsa, vero? Quindi chiudo qui tutta l’affascinante parte dell’educazione posturale, non c’è tempo e spazio per poterla trattare adesso, mi riprometto di farlo in futuro, ci serviva però inquadrare il significato di postura per poterlo applicare all’uomo che corre.
Correre è un atto semplice, naturale.
A correre si impara da soli, ma la parte interessante è l’imparare a correre in maniera funzionale. Cosa vuol dire? Semplicemente saper adattare il movimento “corsa” (la meccanica della corsa) alle varie, diverse occasioni che ci troviamo ad affrontare. Una gara sui 100 metri (o semplicemente la corsa per prendere il treno in orario) richiederà adattamenti decisamente diversi rispetto ad una maratona. La postura del corpo che corre, pur mantenendo il gesto piuttosto simile (a chi osserva da fuori), sarà estremamente diversa nei due casi dell’esempio, oltre che essere estremamente diversa (pur mantenendo dei “paletti” tecnici) da persona a persona.
Non siamo qui per dare consigli su come tenere il busto durante la corsa o su come muovere le braccia, si scontrerebbe un po’ con il significato di postura delineato poc’anzi, troverete in fondo consigli su letture e siti internet che vi potranno aiutare in tal senso, diciamo solamente che la corsa funzionale è quella che, per ogni occasione, in maniera del tutto naturale (corsa naturale!!!) adegua la spesa energetica e dunque armonizza perfettamente il rapporto tra frequenza del passo e ampiezza della falcata, riducendo al minimo tutti i movimenti non necessari (eccessiva oscillazioni delle braccia, movimenti inconsulti di tronco, spalle e capo, ecc …). La corsa funzionale permette di avere scioltezza, agilità e rilassatezza nel movimento, adeguandolo alle necessità del caso. Ci rende, inoltre, “belli” da vedere dall’esterno, la nostra “postura” risulta maggiormente finalizzata a ciò che andiamo a compiere, rendendo il nostro tutt’uno che si muove efficace ed efficiente (in maniera dipendente dal nostro grado di allenamento, ovvio).
La letteratura ci viene incontro stabilendo dei criteri; da osservazioni fatte in moltissimi podisti, si sono riscontrati diversi modi di correre: corsa con il busto inclinato troppo in avanti, corsa con un movimento rigido delle braccia, quasi bloccate, corsa “seduta” in cui il podista anche nei momenti di massima spinta, tiene il ginocchio piegato, corsa con appoggio frenato (l’appoggio avviene in maniera preponderante con il tallone), corsa con passi troppo lunghi e, quindi, con un eccessivo tempo di volo; corsa con spinta eccessiva quindi troppo saltata.
Il movimento umano e quindi anche la corsa, è un’espressione del pensiero, cioè espressione di un moto di natura interiore, di una volontà finalizzata che non esaurisce la propria funzione solo nel momento in cui si attua, ma trascende i limiti stessi del corpo. E’ una risposta del sistema nervoso a stimoli di carattere propriocettivo ed esterocettivo, grazie ai quali l’organismo cerca di adattarsi al suo ambiente, regolando e variando costantemente il suo comportamento motorio, il tutto accompagnato e modulato da una sorta di integrazione psico-emozionale che implica, inevitabilmente, la partecipazione della personalità di chi lo compie.
Come possiamo avere la presunzione di consigliare una determinata postura mentre si corre, se la definizione di postura stessa e quella di movimento (ma avete visto quanti punti in comune hanno?), prendono origine dalla persona che li attua? Non è sicuramente facile, forse non è nemmeno corretto; ovviamente se correre in un certo modo provoca problematiche fisiche particolari si cerca di intervenire in tal senso, anche se io non amo mai correggere “prepotentemente”, anzi, preferisco una scoperta personale, un’esplorazione profonda nel campo della motricità che possa portare chi la compie a conoscersi meglio e, chissà, magari a rendere maggiormente funzionale l’atto di correre, modificando nel contempo una postura che, secondo i canoni della letteratura in proposito, risulta inadeguata. Il tutto, se siete stati attenti lo capite benissimo da soli, avviene attraverso una cambiamento (una maggior consapevolezza?) del proprio essere.
Qual è la nostra idea, dunque, di corsa naturale o corsa funzionale, in rapporto a tutto quello detto finora?
Come al solito ci rifacciamo al passato, all’uomo che, naturalmente, correva per vivere o per sopravvivere, ad una corsa che sfrutti il piede al massimo delle sue potenzialità e che riscopra, quindi, un’ancestrale desiderio di movimento in chi la compie, un movimento che sia benessere come obiettivo principale e prestazione come brillante “effetto collaterale” (se si corre meglio si riesce a farlo più a lungo e/o più veloce), che non snaturi chi la compie forzandolo dall’esterno, ma che tutte le modifiche nascano dall’interno, da una maggior conoscenza di sé. Abbiamo chiamato questo nostro approccio “BeNatural”, perché l’obiettivo è proprio quello di essere naturali mentre si corre, non stiamo facendo qualcosa di alieno, ma semplicemente qualcosa che abbiamo dimenticato. Il nostro programma prevede lavoro “a secco” (diciamo in palestra o comunque senza corsa vera e propria) e “su campo”, ma soprattutto prevede un grande ascolto interiore.
Certamente abbiamo un “ideale” di uomo che corre, il Tarahumara che si muove per centinaia di chilometri, il “Caballo Blanco” che macina strada senza apparente fatica: facciamo una prova, vediamo come poter fissare dei nostri punti fermi, dei paletti che ci aiutino a declinare la corsa naturale/funzionale:

Durante la corsa, il corpo deve essere in posizione eretta, bilanciato e sporgere in avanti rispetto alle caviglie. Il petto deve spingere leggermente in avanti e le braccia devono spingere indietro, mentre le anche e le ginocchia si estendono.
Le mani devono rimanere vicino al busto, effettuando un'oscillazione corta e contenuta. Spingere indietro le braccia e rilassarle portandole in avanti. Per aiutare le gambe a spingere in linea retta e il piede ad appoggiarsi in linea con il ginocchio piegato, le braccia devono muoversi avanti e indietro oscillando lateralmente il meno possibile. Il tronco deve consentire ai piedi di sollevarsi rapidamente e di estendersi dietro al baricentro del corpo. I piedi devono poggiare sul terreno in linea con le ginocchia piegate, mentre la gamba inizia a spostarsi indietro sotto al corpo; tenendo il busto eretto, il piede deve appoggiarsi di piatto sul terreno (mesopiede) e il ginocchio deve piegarsi solo leggermente, mantenendo la parte inferiore dell’arto quasi verticale. L'appoggio del piede deve essere leggero e rapido (c’è chi consiglia 180 appoggi al minuto).
Il ginocchio della gamba d'appoggio deve sostenere tutto il peso del corpo e il busto deve rimanere eretto.
Nella fase finale del contatto tra piede e terreno, la gamba d'appoggio deve fornire la spinta necessaria per muoversi in avanti.  Si stende rapidamente ginocchio e anca per allungare il più possibile la falcata e spingi intensamente con i muscoli del polpaccio per sollevare il tallone da terra.
Nella fase finale entra in gioco l'altra gamba che va sollevata fino a essere parallela con il terreno durante l'oscillazione in avanti, così da agevolare il richiamo della gamba che sta dietro.

Questo è ciò che in letteratura si riporta come “corsa naturale ideale”; diciamo che si fatica anche solamente a leggerlo, ma probabilmente, è una descrizione piuttosto fedele di uno stile funzionale. Noi partiamo da qui per fare in modo di costruire la “corsa naturale ideale Personale”. La nostra corsa funzionale, quella di ognuno di noi. C’è chi appoggerà un po’ più verso l’avampiede, chi, magari, verso il retro piede, chi non farà 180 passi al minuto e chi oscillerà le braccia un po’ più verso l’esterno; non è quello che in assoluto ci importa, ma la naturalità del gesto, la poca fatica nel compierlo, il piacere nell’eseguirlo per lungo tempo, il sentirsi un tutt’uno con sé e con l’ambiente circostante mentre si corre; questo è l’obiettivo, questo è BeNatural, questa è la nostra visione di una corsa naturale, un avvicinarsi molto personale, che riflette quindi il nostro modo di essere e di rapportarci al mondo, a quella corsa che ha reso l’uomo veramente tale, permettendoci quindi di “rifiutare” la condizione esclusiva di preda, inventando un modo alternativo per essere predatore, la caccia persistente, che vedeva la corsa prolungata, appunto, come fulcro.
Riassumendo possiamo dire che la postura della corsa e nella corsa fondamentalmente non esistono in assoluto perché sono intimamente legate a chi sta correndo, il “miglioramento della tecnica” deve essere parallelo ad un “miglioramento personale”, un lavoro su di sé che miri come prima cosa a conquistare consapevolezza del movimento, semplicità del gesto e naturalità nel compierlo; possibilmente con il sorriso sulle labbra.
Vi ho incuriosito? Ho stimolato qualche riflessione o qualche discussione?
Lo spero, perché era quello l’intento.
Venite a trovarci, a scoprire la nostra, anzi, la vostra Corsa Naturale!!!


“Un gatto può impegnarsi quanto vuole, ma rimarrà sempre un gatto. Una tigre è sempre e comunque una tigre. E la differenza si vede” F.S.

SL.A.

Bibliografia/Sitografia e letture consigliate

Manuale di Chinesiologia Rieducativa – Cabella, Canepa, Molfetta – Pacini editore 2009
Riprogrammazione Posturale: una via per la bellezza del corpo – Guidi Fabbri – CalzettiMariucci Ed. 2010
La storia del corpo umano – D.E. Lieberman – Codice edizioni 2013
Born To Run – C. McDougall – Mondadori 2014

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